Giovangualberto  Ceri

IDEE  ASTROLOGICO-DANTESCHE

1       - Sul rapporto fra  astronomia e astrologia.

2       - Sulla differenza fra qualità e quantità negli influssi astrali.

3       - Sullo zodiaco “in piano” e sullo zodiaco “a spicchi”.

4       - Sullo zodiaco dei segni  per l’emisfero nord e sud.

5       - Sui  quattro umori dei pianeti in aspetto col Sole: umido, caldo, secco e freddo.

6       - Sul Calendario giuliano e gregoriano.

7       - Sul  sorgere e tramontare eliaco delle Stelle Fisse.

 

     Questi argomenti costituiscono un approfondimento delle ricerche fatte da MARCO GAMBASSI e sono posti da me ad

  Introduzione

       del suo volume intitolato   

Le basi astronomiche dell’Oroscopo.

 

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1       - Sul rapporto fra  astronomia e astrologia.

 

              Quando parliamo di astronomia moderna viene a tutti subito spontaneo di convalidarla e di crederci, in quanto l’atteggiamento è diventato ormai, e a buon diritto, un fenomeno culturalmente fondato. Diverso il caso di quando noi discutiamo dell’Oroscopo che, essendo un argomento astrologico-tolemaico, suscita immediatamente un certo scetticismo quasi in tutti: tranne il permanere, nel migliore dei casi, di un residuo di epidermica, o ancestrale, curiosità. Come riavvicinare questi due atteggiamenti opposti, uno di credito e l’altro di discredito, verso due materie tanto diverse fra loro quanto affini, quella astronomica e quella astrologica? Quali vantaggi potremmo ottenere da questo riavvicinamento? È noto comunque come anche  alcuni scienziati moderni abbiano veduto nell’astrologia antica una forma primitiva, o in fieri, di astronomia moderna. E se ci fosse dell’altro? La nostra curiosità ci impone dunque di meditare su tale questione e di non liquidarla così semplicemente.

           Questo sforzo dialettico allo scopo di riunire le due materie è implicito nel volume di Marco Gambassi, Le basi astronomiche dell’Oroscopo (cui questo mio intervento dovrebbe fare da introduzione), ed è intuibile che col tempo  potrebbe portare anche a delle positive sorprese, a dare infine anche dei frutti interessanti per la nostra futura cultura e civiltà. Così la pensa Gambassi, mentre dal mio personale punto di vista un tale sforzo riunificativo, legittimando di necessità la ricerca astrologica in generale,  servirebbe,  se non altro, a fare acuire lo sguardo su quel nostro lontano passato in cui le conoscenze astrologiche erano fortemente apprezzate, se non poste al vertice del sapere: e mi riferisco alla civiltà  dei  Caldei, degli Egizi, dei Greci, del periodo romano-classico fino a quella del medioevo di Dante. Tutte civiltà che noi non conosciamo abbastanza anche perché ci siamo presi la licenza di ignorare l’astrologia tolemaica. In altre parole se questa traiettoria culturale risultasse fruttuosa, Marco Gambassi sarebbe magnifico rispetto alla nostra futura civiltà poiché l’arricchirebbe di una tensione-intenzione di cui manca,  mentre io lo sarei rispetto alla conoscenza delle nostre civiltà passate. 

Lastronomia moderna è rigorosamente scientifica e perciò soprattutto logico-razionale, congetturale ed  empirico-osservativa, mentre l’astrologia, risultando soprattutto scientifico-medievale e perciò metafisico-empirico-osservativa ed intuitiva, per poter essere riavvicinata alla prima avrebbe bisogno, almeno in un primo momento, di un atto di fede. Questo è il punto. Non potremmo assistere alla magnificenza culturale annunciata senza quest’atto di fede. Ma chi oggi, procedendo scientificamente, potrà concedere di partire da una verità già data dagli antichi, da dei principi universali, o a priori, o metafisici, quindi da un atto di fede? Sotto il profilo psicologico la necessità di partire da delle verità incontrollate pare essere il motivo principale per cui molti scienziati si tengono da tempo lontani da questa materia.  

         Entrando nel merito si può dire che nell’antichità e nel medioevo i principi astrologici ereditati dalla sapienza dell’antica tradizione, che potremmo definire per comodità, appunto, metafisici, nonché le conseguenti possibili intuizioni che ad essi erano legate, dovevano però essere anch’essi sottoposti a controllo, a poter venire smentiti, eventualmente, dai fatti, con una certa somiglianza a come noi oggi procediamo col metodo scientifico. Se così, il procedere astrologico-tolemaico, almeno di principio, già conterrebbe intanto qualcosa di accettabile, di credibile, anche per la nostra moderna mentalità, e perciò l’avvicinamento dell’astronomia all’astrologia non sarebbe, per tale ragione così importante, da escludere per il futuro. Quindi potremmo dire un avvicinamento da non escludere dal nostro orizzonte nonostante la componente metafisica del procedere astrologico, e perciò nonostante l’esigenza, a monte, di un iniziale atto di fede da parte degli astronomi: e questo proprio perché l’astrologia tolemaica risulterebbe congetturale.

         Il saggio di Marco Gambassi è orientato a riunire la curiosità astrologica a quella astronomica, intimamente non foss’altro perché, almeno da un punto di vista esistenziale, sempre di due legittime ed affini curiosità dell’intelligenza umana si tratta, di due sforzi della ragione che attingono ad un unico presupposto, gli astri.

         L’Astrologia tolemaica inoltre, non essendo il parto dell’aristotelismo medievale, quanto di una ricerca che abbraccia circa cinquemila anni della nostra civiltà occidentale con una forte spinta empirico-osservativa, e non solo sotto il profilo astronomico ma anche sotto quello astrologico, dovrebbe non poco incuriosire.  La componente astronomica dell’astrologia tentava di mettere sotto controllo il movimento astri, come ho già detto e come è facile a tutti da ammettere anche perché le discussioni  sui movimenti teorici degli astri in rapporto alla realtà delle apparenze degli astri stessi in cielo abbracciano tutto il medioevo ed ancor prima, mentre la componete previsionale degli influssi astrali legati a questi movimenti tentava di mettere sotto controllo la eventuale loro “virtus”.  Questa ricerca di conferme empirico-osservative fatta dalle antiche civiltà anche sulle previsioni astrologiche al fine di controllarle, è un fatto che non dovrebbe mai essere trascurato poiché già mostra una parentela fra gli antichi e noi (cfr. EDMUND HUSSERL, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale) assai più ampia e profonda di quella legata alla genesi dell’astronomia. In conseguenza di ciò il progettato riavvicinamento culturale fra l’astronomia e l’astrologia già potrebbe trovarsi in agenda per questo nostro XXI secolo, se è vero che siamo spinti nel futuro anche da un passato, e se è vero che noi siamo aperti ad un ripensamento sullo stesso passato, a conoscerlo e a volerlo pienamente integrare.  Averne invece timore e liquidarlo oggi culturalmente con una battuta di spirito non sembra una cosa intelligente e degna di tutta la storia del nostro pensiero occidentale che va da Eraclito e da Aristotele fino a noi.

         L’idea antica (Ippocrate) e medievale (Ruggero Bacone, Pietro d’Abano) di scienza prevedeva che un evento previsto, che un esperimento, non solo venisse sottoposto a controllo ma, al tempo stesso, che esso stesso potesse anche venire smentito dai fatti, che non desse sempre ed oggettivamente un dato  risultato, se quando lo dava i competenti, o gli interessati, potevano rendersi conto che ciò non era stato per caso e che il risultato ottenuto era utile.  Essendo la Storia del pensiero scientifico moderno fatta da quanti credono fermamente in essa, questo imbarazzante particolare degli antichi sembra essergli sfuggito, e invece sarebbe essenziale per capire da dove veniamo, chi erano quelli che ci hanno preceduto, e quale valido insegnamento potremmo trarne.  Il verificarsi del fenomeno presagito, o previsto, o a volte auspicato, poteva dunque anche mancare di puntualità, o anche assolutamente, e pur tuttavia la scienza che lo controllava rimanere per loro sempre valida perché risultata utile, se pur saltuariamente. Ma che idea di scienza sarebbe, per noi moderni, questa? Si potrà  però controbattere: perché rifiutare alcune conoscenze della natura per il semplice fatto che esse si danno solo a  condizioni di grande incertezza, se queste stesse conoscenze possono essere sempre interessanti e utili all’umanità?  Il fenomeno del verificarsi di una previsione utile in maniera del tutto incerta potrà essere invece oggetto di analisi della nostra futura scienza moderna, anche perché la scienza moderna attuale (per non parlare di quella newtoniana),  potrebbe  dovere anche ampliare ulteriormente il proprio campo di indagine e di  riconoscimento di validità.

         Noi moderni è giusto e conveniente che si sia così presi dal convalidare l’oggettivismo scientifico fino a rifiutare questo antico approccio scientifico da me ricordato se, alla fine, potesse dare dei risultati? Io ritengo che prima o poi anche la mentalità scientifica moderna dovrà riconsiderare un tale scettico atteggiamento verso l’astrologia, ossia su quanto è valido ma incerto, e quando lo farà la  riunione fra astronomia e astrologia sarà più vicina. Importante comunque su tale argomento anche l’intervento del filosofo ed astrologo francese RAYMOND ABELLIO del titolo, “Pourquoi il faut croire à l’astrologie” (Paris Match, 30/12/1983) a cui rimando, eventualmente, il lettore esigente.

         Al fine di esibire un’autorevole prova circa il ricordato procedere astrologico per congetture e confutazioni  che tanto riavvicinerebbe a noi la materia ricordo quello che scrive CLAUDIO TOLOMEO.

       Per quanto possiamo praticare l’astrologia in maniera critica e legittima, spesso capita di prendere degli abbagli, sia per la natura della previsione, sia per la sua fragilità rispetto alla grandezza delle promesse. Conseguentemente e dovendone trattare, per una serie di elementi eterogenei, questa materia è da ritenersi congetturale e non sicura.” (Tetrabiblos, I, 14-15).

         Tutto ciò puntualizzato, se adesso volgiamo il nostro sguardo alla storia del rapporto astronomia-astrologia, è illuminante ricordare che, almeno sotto il profilo intenzionale, la recisa esclusione dell’ipotesi astrologia dalla ricerca astronomica moderna è stata fomentata in questi ultimi secoli dal positivismo per un fraintendimento, colposo o doloso, maturato soprattutto fra gli esperti di astronomia. Non è l’astrologo a dire che l’astronomia non è valida, ma è semmai l’astronomo a dire che l’astrologia non è valida, di fatto, ovviamente, assumendosene tutte le responsabilità di fronte alla storia.  Questa opposizione, o fraintendimento,  è stato però indotto, o agevolato, da un precedente fenomeno storico-culturale che non è a tutti facile da rilevare, poiché si tratta di una sottile e imbarazzante questione risalente al momento in cui prese il volo la nostra moderna sensibilità.  Io ritengo quindi che, in questo frangente, se ne debba accennare.

          Gli astronomi moderni, i nostri scienziati detrattori dell’astrologia  e il pubblico a loro legato con simpatia, paiono dunque essere stati silenziosamente trascinati in questa loro presa di posizione antiastrologica dalle discussioni presenti sul finire del medioevo volte a negare l’utilità della ricerca scientifica e arrivate fino a noi. Tale ipotesi apparirà paradossale, sconcertante e disequilibrante, ma corrisponde alla verità.

            Difficile indicare l’eziologia della mentalità dell’Umanesimo, anche se non si tratta di una vera e propria patologia culturale rispetto alla mentalità, assai più vigorosa e coscienzialmente profonda, presente ai tempi di Dante e precedenti. Per rendersi conto della maggiore forza totalizzante e al tempo stesso di libertà del medioevo basterà mettere a confronto il senso della vita dei santi cristiani medievali del periodo dall’XI secolo al XIII compreso, con quello più moderno del periodo dal XIV al XVI? Tale confronto lo potremmo usare come una cartina di tornasole, assai orientativa, della differenza fra le  due culture. All’inizio del XIV secolo qualcosa di assai grosso sotto il profilo ontologico-vissuto, inerente un ripiegamento su se stesso dell’uomo, dovrebbe essere accaduto. Ci dovrà pur essere una spiegazione del repentino e capovolgente passaggio culturale dalla mentalità di Dante a quella del Petrarca e seguendo da vicino la Storia dell’astrologia tolemaica noi troviamo un reperto molto  interessante a giustificazione di questo passaggio proprio nella crisi della scienza gerarchicamente allora più alta e importante dei cieli planetari, l’astrologia. Forse il fiorire, sul finire del XV secolo, dell’interesse per la ricerca scientifica in senso moderno non è altro che quello che poté essere salvato della tensione medievale verso questo genere di sapere espresso, ovviamente, entro un campo gerarchizzante.

         Seguendo le mie ricerche e scoperte astrologico-dantesche relative alla Commedia, alla Vita Nuova e al Convivio, risulta che Dante credeva ed esercitava l’astrologia tolemaica, mentre il Petrarca invece l’avversava recisamente. Tenendo conto del contrasto di mentalità si potrà arrivare a rendersi conto quanto l’astrologia   può servire ad altre discipline e, in questo caso, a capire meglio la Storia del pensiero e della letteratura italiana.   

          I nostri scienziati non se ne rendono conto, non hanno comunemente, io credo, una preparazione filosofica di ordine fenomenologico trascendentale e genetico (cfr. RAYMOND ABELLIO, La structure absolue,  Essai de phénoménologie génétique, Gallimard, Paris, 1965) che possa permettere loro questa analisi, questo approfondimento coscienziale, questo voltarsi indietro, a domandarsi cosa sia successo, mentalmente, nel passaggio dal XIII al XIV secolo e che poi è rimasto fino ad oggi. La mentalità del Petrarca, contraria all’astrologia, è assai più vicino alla nostra del XXI secolo, che non a quella di Dante  che immediatamente lo precedeva e che invece all’astrologia dava grande importanza.  Possiamo ritenere che questo momento storico di passaggio  abbia marchiato indelebilmente la mentalità fino ad arrivare a noi?

         La tensione-intenzione antiscientifica e antiastrologica tardo medievale che era di portata  ontologico-vissuta si sarebbe cioè collusa, ad un certo punto della storia, con la mentalità che sorregge e giustifica la scienza astronomica moderna producendo un connubio culturale tanto irrazionale. E lo sforzo di Gambassi si inserisce senz’altro in questa dialettica.

         Teoricamente non si vede infatti quale concreto impedimento alla ricerca astronomica moderna possa arrecare la compresenza, nella mente di un astronomo, di un’ipotesi anche astrologica. La scoperta dell’eliocentrismo fatta da COPERNICO (1473 – 1543), che è una scoperta astronomica, come potrebbe infatti invalidare l’astrologia tolemaica, se questa avesse dato, o potesse dare, dei validi frutti?  Questo è il punto di svolta circa l’accertamento della presente verità.

          Il discredito trecentesco verso l’astrologia ineriva non tanto la veridicità, in senso lato, dei responsi astrologici, come oggi comunemente si pensa, poiché questi erano allora ritenuti validi ed erano generalmente accettati. Li aveva accettati pienamente anche SAN TOMMASO D’AQUINO (Summa Theologica, p. I, qu. CXV, art. 4). Tale primo discredito riguardò invece l’utilità a poterne legittimamente approfittare sotto il profilo esistenziale e spirituale, e quindi a farlo con entusiasmo.  Nel primo Umanesimo il corpo fisico dell’uomo, venendo per cultura apprezzato soprattutto  per essere mortale, mentre la sua anima per essere immortale, si era arrivati a concludere sentimentalmente, ma anche seguendo una certa razionalità, che sarebbe stato vacuo e inutile preoccuparsi dello stesso corpo fisico data la sua contingenza e perciò di quanto a lui sarebbe potuto capitare, risultando l’eternità dell’anima la vera nostra e doverosa ultima preoccupazione. Ebbene, non avendo l’astrologia un tale fine, ma anzi distraendo l’uomo con le sue previsioni  riguardanti anche la medicina, o con delle interessanti, o allettanti, promesse di successi terreni, si pensò, durante l’inizio dell’età moderna, fosse più saggio e spiritualmente più elevato doverla rifiutare. Questa presa di posizione piaceva molto, ovviamente, all’Inquisizione Medievale, che anzi sembra esserne stata la segreta ispiratrice anche per come praticamente si comportava e si era comportata fin dai tempi di san Pietro da Verona (san Pietro martire). L’indirizzo impresso dall’Inquisizione Medievale, sia pur lentamente, sembra avere non poco contribuito al capovolgimento della sensibilità, del modo medievale di pensare e di vivere, che poi corrisponderebbe al capovolgimento di un mondo.   Questo è un punto filosofico di svolta assai qualificante ed importante della storia del nostro pensiero che gli storici, sotto quest’ottica, dovrebbero potere approfondire.  

               Se ritorniamo all’intenzione esegetica di Gambassi, siccome alla fine del XIII secolo e ai tempi di Dante ancora quasi tutti credevano all’Astrologia, si può concludere: sia che il discredito verso tale scienza sia avvenuto immediatamente dopo e cioè a partire dalle argomentazioni esistenzialistiche dell’Umanesimo e perciò quando il sistema era ancora necessariamente e generalmente creduto geocentrico; sia  che oggi un ritorno ad uno studio attento e profondo della stessa astrologia potrebbe anche significare un ritorno, di necessità, alla ricerca più alta, nobile e difficile del medioevo scientifico e di Dante.  La possibilità esiste, ed anzi i miei studi e le mie personali ed oggettive scoperte su Dante credo che lo dimostrino. Esse dimostrerebbero anche che siamo in  presenza, per DANTE, di una poetica diversa, inattesa e scientificamente fondata, assai più fascinante di quella fino ad oggi validata. Ma cosa accadrebbe se con quest’ottica guardassimo anche tutta la letteratura e l’arte medievale?  Il lavoro di Gambassi, per il senso che ha, credo che stimoli ad andare in questa direzione.

           Dopo la morte di Dante e con l’affermarsi della mentalità petrarchesca, assistiamo oggettivamente, come ho già accennato, ad una forte opposizione culturale alla medicina, alle scienze naturali e di conseguenza anche all’astrologia. Ed è qui che dobbiamo scavare per far riprendere quota alla nostra nobile materia. Durante il tardo Rinascimento e la Controriforma religiosa, sembra essere stato proprio il permanere del “petrarchismo, non solo come stile poetico-letterario, ma anche come nuovo esistenzialismo”, ad avere contribuito ad affossare l’astrologia facendole perdere soprattutto di credibilità, oltre che di serietà. Il fenomeno culturale non è evidente solo in Girolamo Savonarola, ma anche nella mentalità successiva. Sembrerà paradossale ma con la scoperta dell’eliocentrismo assistiamo, al riguardo della detrazione verso astrologica, ad una alleanza fra le mire delle religioni e quelle della nuova scienza astronomica: un’alleanza che io ritengo si sia mantenuta fino ad oggi,  a volerci vedere chiaro. Interessante, a tal proposito, la lettera che all’inizio dell’Umanesimo FRANCESCO PETRARCA scrive a GIOVANNI DONDI DALL’OROLOGIO screditando la medicina e l’astrologia tanto cara agli arabi e a Pietro d’Abano.

         Se fosse stato logico e naturale per l’umanità disinteressarsi, almeno in quel periodo e sotto la spinta dell’Inquisizione medievale, della medicina, delle scienze naturali e dell’astrologia, non si vede perché, quando la stessa medicina e le scienze naturali riacquistarono credito, non lo potesse riacquistare pienamente anche l’astrologia. Cosa dunque successe ad impedimento di un tale logico fenomeno? I maghi astrologi dell’Umanesimo-Rinascimento avranno infatti ben poco a che fare con la serietà e l’impegno scientifico di ricerca degli astrologi medievali quali Messahalla, Albumasar, Alpetragio, Thebit ben Qurra, Ruggero Bacone, Mosè Maimonide, Abramo Ibn Ezra (Avenare), Alberto Magno, Jacob ben Machir ben Tibbon (Profazio)  e Dante.  Se l’astrologia non riacquistò il suo antico splendore, come invece lentamente successe alla medicina e alle scienze naturali, io ritengo che sia stato perché essa  continuò a trovare un ostacolo negli insegnamenti della Chiesa specialmente dei secoli XVI e XVII e XVIII.   

        Scrive EUGENIO GARIN:

         La  vigorosa aspirazione antinaturalista e antiscientifica del primo Umanesimo suscitò un’accesa polemica anche antiastrologica che si rifaceva alle

 argomentazioni dei Padri della Chiesa (dei primi secoli).” (Eugenio Garin, Lo zodiaco della vita, Laterza, Bari, 1982, p. 28).  

          Ed è dunque pensabile che sia ancor oggi proprio in conseguenza degli effetti  culturali di questo antico télos petrarchesco che assistiamo a veder confermato ancor oggi il discredito verso l’astrologia,  pur noi non rendendocene conto.

         La libertà di pensiero è anche libertà dai pregiudizi in indagati, e perciò questa stessa libertà, in concreto, non si fonda solo su una teorica libertà di scelta, quanto anche su una capacità di analisi ed approfondimento di ciò che è stato, di ciò che è avvenuto culturalmente. Non è dunque la conoscenza della Storia, tanto caldeggiata dalle nostre università, che ci illumina e risulta utile all’avanzamento della civiltà, quanto la maggiore coscienza che da tale studio ne può derivare. Questa maggiore coscienza ci può venire solo facendo la Storia della storia, cioè procedendo ad una sintesi di senso di quello che è avvenuto e ci siamo lasciati alle spalle e che io chiamerei, con RAYMOND ABELLIO, istorializzazione della storia, cioè riduzione della Storia al suo nocciolo ontologico.

          Chi vantasse di essere impedito dall’eliocentrismo nel dedicarsi allo studio dell’astrologia e per questo continuasse a screditarla, se fosse capace di voltarsi indietro con attenzione, potrebbe rendersi conto di stare avvallando un’ingenuità, di seguire un’operazione culturale ideologica, cioè fondata su una falsa coscienza della dialettica astronomia-astrologia.  

         Mi preme anche puntualizzare che se l’attuale incomprensione astronomia-astrologia è lentamente incominciata con l’età moderna, con la crisi scientifica del primo Umanesimo e con la scoperta dell’eliocentrismo, tale stessa incomprensione non sarebbe stata accettata, paradossalmente e per esempio, nemmeno dai fondatori della stessa moderna astronomia, GALILEO GALILEI e GIOVANNI KEPLERO.

      Avendo presente che sia Copernico che Galileo e Keplero ritenevano intimamente di dover soddisfare a  monte prima di tutto le loro esigenze di uomini, che non quelle proprie di astronomi, è comprensibile che essi si siano attivamente interessati di astrologia.  Non possiamo fare a meno di riflettere su tale storica questione la quale ci porta a ipotizzare che sia stato proprio al fine di poter redigere Carte astrologiche più affidabili, perché astronomicamente in grado di rispondere a tutte le domande che l’astrologia da tempo immemorabile si era posta circa le apparenze degli astri in cielo, che lo stesso Galilei e Keplero dettero credito e portarono avanti il sistema eliocentrico copernicano. Quindi lo portarono avanti, sia per ragioni di evidenza scientifica, che per motivi di completezza circa  l’analisi della natura, in quanto l’analisi che si prefiggeva l’astrologia era ben più ampia e soddisfacente di quella prefigurata dall’astronomia. Il fine dell’astrologia risultando ontologicamente assai più alto giustificherebbe poi meglio gli innumerevoli suoi fallimenti, mentre qualche sporadica previsione ben centrata e chiaramente non imputabile al caso, incoraggerebbe ad andare avanti assolutamente  confortati dell’idea che il cosmo sarebbe, con evidenza, un contenitore di sorprese assai più numerose di quelle che la scienza moderna sia attualmente in grado di attribuirgli.        

        Se l’uomo si trova sulla Terra, e si tratta anche in questo caso di una realtà oggettiva,  egli stesso, analizzando l’universo da dove si trova, non potrà concludere che di trovarsi al  centro dell’universo e, perciò, anche la stessa Terra su cui lui poggia i suoi piedi. Sotto questo profilo la differenza fra geocentrismo ed eliocentrismo dipende solo da dove stabiliamo di guardare, e da quali sono le nostre mète conoscitive, e non affatto da errori scientifici come molti hanno frettolosamente pensato. Se ipotizziamo che l’astrologia possa contenere qualcosa di vero e di utile, il sistema di riferimento non potrà essere che quello geocentrico: proprio perché questa stessa ipotetica verità ed utilità emergerebbe esclusivamente seguendo tale sistema. Se in futuro si ritornasse a notare comunemente e culturalmente nell’astrologia qualcosa di oggettivamente utile, e perciò tale da nutrire un interesse a tenerne conto, con tutta l’ammirazione e il rispetto per la scoperta del sistema eliocentrico, risulterebbe scientifico e necessario seguire anche il sistema geocentrico.  Se crediamo invece che l’astrologia non sia altro che una forma di ciarlataneria, allora la scusa che essa consideri la Terra al centro dell’universo, e non il Sole, può costituire una buona idea per ingiustamente invalidarla.

         Per Gambassi le nuove conoscenze astronomiche, mentre possono interessare l’astrologia ampliandone il campo di valutazione, contribuirebbero anche a rinquadrare tutta la materia sotto tre differenti punti di osservazione, tutti e tre centralizzanti e tutti e tre legittimati a fornire dati per ipotesi circa le relazioni cosmo-biologiche. L’Autore non parla più infatti qui, come vorrebbe la tradizione, di “influenze astrali”, ma più modernamente di “energia simbolica degli astri”, o di “relazioni cosmo-biologiche”: la biologia probabilmente sottostando alla vita psichica e spirituale.

         L’astrologia medievale e di Dante inserendosi, per esempio, entro un disegno divino teologico-liturgico, era comprensibile che si interessasse della spiritualizzazione dell’anima, del luogo dove porre l’Empireo e del domicilio simbolico eletto dalla Divinità, da Dio per se stesso. La visione moderna che mi pare sottintendere alle argomentazioni di Gambassi sembra sostituire gli Dei, o la Santissima trinità,  o le antiche divinità pagane che giustificavano il movimento dell’universo e la sua funzione, con la presenza nell’universo stesso, comunque, di una Intenzionalità cosmica che finirebbe poi per avere lo stesso scopo della Divinità, cioè di una evoluzione del “Tutto” verso un fine superiore.

          Ciò premesso, il cosmo può dunque essere per l’Autore apprezzato valutandolo astrologicamente:

-         sia dalla Terra, su cui l’uomo realmente si trova, e quindi il responso non potrà essere che rispondente a quello tradizionale del sistema geocentrico dell’astrologia tolemaica;

-         sia dal Sole, cioè dal centro reale del nostro sistema sferico-planetario e il responso, in questo caso, risponderà al sistema eliocentrico venendo ad integrare quello geocentrico anche sotto il profilo di una maggiore presa di coscienza scientifica;

-         sia dal centro della Galassia, cioè dal centro di quella nebulosa a cui noi apparteniamo, e il responso non potrà essere, qui, che galattocentrico, contribuendo a suggerire nuove ipotesi al sistema previsionale astrologico della tradizione.

 

         Si tratta di tre centri e di tre diverse ed effettive realtà. Potranno i rispettivi punti di osservazione fornire nuove fruttuose congetture all’astrologia? Resta un problema aperto.

       2 - Sulla differenza fra qualità e quantità negli influssi astrali.

         In effetti Gambassi con questo suo lavoro, non porterà alle estreme conseguenze tutta questa sua teoria, limitandosi a trattarne al fine di sottoporla alla nostra attenzione di esperti. Anzi questa sua teoria sembra essere stata da lui incontrata, come ho già detto, durante il suo notevole sforzo di approfondimento di tutti i problemi più importanti che oggi l’astrologia ha davanti a sé e, in questo impegno, egli risulta affascinante, lodevole ed utile anche a quanti vorranno avere un ragguaglio sui problemi di tutta la materia.

 

        L’Autore, partendo implicitamente dal principio che tutto influisce su tutto, almeno per come a me sembra, cioè della presenza di una Interdipendenza Universale, analogamente a come già sappiamo scientificamente esistere una Gravitazione Universale, considera poi che le Mutazioni cosmo-biologiche potrebbero avvenire, non solo a causa della quantità di energia, ma anche a causa del variare della sua qualità. Per me solo partendo da questa ipotesi filosofica, già formulata da RAYMOND ABELLIO, si potrà giustificare poi la presa in esame delle lontanissime, e perciò debolissime, infinitesimali, influenze astrali dei pianeti lontani e della galassia. Il variare significativo della qualità dell’energia e delle aspettative del soggetto deputato a riceverla, compenserebbe l’insufficienza della sua quantità dovuta alla lontananza.

         Una qualità è percepibile là dove si sente una differenza di senso circa i suoi effetti rispetto ad altri, e non dove è percepibile una sua maggiore energia, o potenza. Ma la qualità, indipendentemente dalla quantità, può essere ugualmente influente nella misura in cui l’oggetto, o il campo, ha maturato la necessità intima di lei, di averla, di lasciarsi fecondare da essa, e questo, appunto, non tanto in ragione della energia incorporata dalla qualità, quanto della sua sottile particolarità rispetto alle necessità di chi l’attende. L’astrologia ha sempre implicitamente validato questa ipotesi anche se pensiamo all’oroscopo di nascita. Infatti non è solo la quantità di energie astrali presenti al momento della nascita (o del concepimento - TOLOMEO, Tetrabiblos, III, II, 1-4) ad imprimere nel Nato (o nel concepito) il loro stampo come su una tavoletta di cera (Par., I, 37-42), quanto la necessità del Nato stesso (o del concepito) di ricevere in quel solenne momento  dagli astri, proprio perché sta nascendo, una specifica impronta, a decretarne l’efficacia. Analogamente per gli accadimenti sulla Terra rispetto ai pianeti più lontani dal Sole e agli influssi provenienti dal centro della Galassia. È per quanto la Terra, con tutta la sua natura, ha lentamente maturato il bisogno di certi influssi del sistema eliocentrico e galattocentrico che la Terra stessa potrà venire improntata dal sistema eliocentrico e della stessa intera Galassia nonostante le lontananze. Di conseguenza rivolgere l’attenzione ad un cerchio assai vasto, insomma nel nostro caso a quello della nostra Galassia, oggi che possiamo farlo scientificamente (e probabilmente non per caso), costituisce un’opportunità e un avvenimento astrologicamente importante.  

          Gambassi pare non preoccuparsi di avere all’ “estero”, dagli astronomi, eredi di Copernico, di Galilei e di Keplero, una certa considerazione, quanto invece di averne in patria, all’ “interno”, dagli astrologi, dagli ascoltatori, aperti a considerare anche queste sue nuove valutazioni.

 

        3 - Sullo zodiaco “in piano” e sullo zodiaco “a spicchi”.

 

         Molto istruttiva, per non dire risolutiva, specialmente per Filologia e critica dantesca e per gli astronomi che si interessano alle opere di Dante, l’analisi che l’Autore fa dello zodiaco dei segni. Egli lo illustra giustamente e legittimamente, sia “in piano”, cioè seguendolo per archi di cerchio sull’eclittica, che “a spicchi”, cioè seguendolo per archi di cerchio su tutta la sfera celeste. 

        Con l’elucidazione dello zodiaco a spicchi finalmente anche gli esegeti di Dante potranno rendersi conto come il Poeta, seguendo il canto XXII, vv. 110-117, del Paradiso, non abbia affatto voluto indicare di essere nato col Sole nel segno dei Gemelli CONGIUNTO con la costellazione zodiacale dei Gemelli, come unanimemente essi sostengono da secoli, bensì di essere nato col Sole nel segno dei Gemelli CONGIUNTO con le seguenti costellazioni: sia con la stella Polare, della costellazione alfa Ursae Minoris che per Dante brilla sopra la “cittade di Maria”; sia con la stella Betelgeuse, alfa (costellazione) Orionis, nel medioevo appartenente alle prime quindici stelle virtuosiores; sia con la stella Menkalinam, beta (costellazione) Aurigae. Ebbene nessuna di queste tre costellazioni appartiene alla fascia dell’eclittica e quindi alle costellazioni zodiacali. Sicché operando sullo zodiaco “in piano”, come usano fare comunemente i Dantisti e gli astronomi, mai avrebbero potuto scoprire il giorno in cui è stato fatto nascere Dante personaggio. L’accertamento di tale fenomeno diventa invece pienamente comprensibile, appunto, solo sullo zodiaco “a spicchi” messo in evidenza da Gambassi che porta a rendersi conto che Dante personaggio è stato fatto nascere, da Dante persona,  appunto, il Martedì 2 Giugno 1265, come io pubblicai fin dal 1993. Questo perché sia la Polare, che la Betelgeuse, che la Menkalinam, si trovavano nel 1265, longitudinalmente, nell’arco di circa due gradi che parte dallo zodiaco dei segni valutato “in piano” (che va da 18°.01’ a 19°.40’ in Gemelli) e che muove “a spicchio”, sia verso nord che verso sud. Durante tale movimento descrittivo troveremo a  18°.01’ in Gemelli il SOLE, e perciò alla partenza e sull’eclittica stessa; a 66°.06’ di longitudine nord e 89°.16’ di declinazione nord incontreremo la stella POLARE a 18°.20’ in Gemelli; a 16°.02’ di longitudine sud e 7°.24’ di declinazione nord incontreremo la BETELGEUSE a 18°.30’ in Gemelli; e a 21°.30’ di longitudine nord e 44°.57’ di declinazione nord incontreremo la MENKALINAM a 19°.40’ in Gemelli.

 

         4 -  Sullo zodiaco dei segni  per l’emisfero nord e sud.

 

      Significativa anche la differenza che l’Autore mette in risalto fra lo Zodiaco dei segni dell’emisfero nord e lo Zodiaco dei segni dell’emisfero sud in cui, seguendo le stagioni, i segni zodiacali stessi verrebbero capovolti, se l’ipotesi fosse accettabile. Il nostro segno dell’Ariete diventerebbe, nell’emisfero sud, quello della Bilancia, il nostro segno del Capricorno diventerebbe là quello del Cancro. Gambassi non prende posizione circa la validità di questo capovolgimento e dunque circa la previsione per i nati nell’emisfero sud che avrebbero una carta natale tendenzialmente opposta, ma non contraria, ai nati nello stesso momento seguendo l’emisfero nord.  Io personalmente credo però che vada sempre seguito il nostro sistema zodiacale settentrionale, o nord, anche per i nati nell’emisfero sud. Questo perché Tolomeo, come gli Egizi e i Caldei, pur conoscendo l’esistenza dei “climata”, o “clima” ( i paralleli dell’antichità) anche per l’emisfero meridionale, o a sud dell’equatore, non avevano mai ipotizzato di redigere carte natali rovesciate con il solstizio d’inverno per la festa di san Giovanni Battista. Certo le considerazioni che Tolomeo porta a giustificazione dei segni zodiacali dell’emisfero nord condurrebbe a lasciar pensare anche alla giustezza di un capovolgimento. Tuttavia per Dante, che per me fa scuola, il polo nord essendo astrologicamente, e per esempio, più importante, significativo e centrale, di quello sud, indica di dover mantenere nella redazione delle mappe astrali per i due emisferi lo zodiaco risultante a settentrione, a nord.  La prevalenza dell’emisfero nord rispetto a quello sud in Dante  si deduce anche dalla misura in cui la nostra Regina Virgo Maria, che ha la sua città ideale al polo Nord, può intercedere assai di più, per noi e per la nostra salvezza,  che santa Lucia che ha invece la sua città ideale al polo Sud (cfr. Convivio, III, V, 10- 19). Anche il variare del rapporto, che si misura con un angolo chiamato ayanamsa, fra zodiaco dei segni e zodiaco delle costellazioni, se si accettasse la validità dei segni dell’emisfero sud per i nati in quell’emisfero, deporrebbe a favore di una opposizione al cambiamento poiché salterebbe, per esempio, tutta la teoria millenarista dell’avvento delle ère. In particolare, per ciò che riguarda il nostro arco epocale, salterebbe l’èra futura dell’Acquario coinvolgente, ovviamente, anche tutto l’emisfero sud poiché il fenomeno di cambiamento sappiamo comprendere la civiltà di tutto il globo anche perché afferente tutta la sua cultura di base. Se accettassimo il capovolgimento dello zodiaco dei segni l’emisfero sud non entrerebbe più in Acquario delle costellazioni, ma in Leone delle costellazioni con tutt’altre considerazioni simbolico-culturali da dover fare. Le ère vengono infatti calcolate sul variare del rapporto fra lo 0° in Ariete dello zodiaco dei segni e lo 0° in Ariete dello zodiaco delle costellazioni in cui lo zodiaco dei segni si muove verso occidente rispetto allo zodiaco delle costellazioni che rimane fisso. La partenza della nostra èra dei Pesci si ha per l’ingresso, all’epoca di Cristo, dell’equinozio di primavera (0° in Ariete dei Segni) nei Pesci dello zodiaco delle costellazioni con la seguente traiettoria: 30° in pesci delle costellazioni, e poi 29° - 28° - 27° … Di conseguenza  nel 2160 circa entreremo nell’èra dell’Acquario essendo lo slittamento pari a 1° ogni 72 anni circa per tutti i 30° dei Pesci dello zodiaco delle costellazioni. Forse possiamo dire che la civiltà del Cristianesimo (Pesci) non sia arrivata nell’emisfero sud? Se ci è arrivata allora il calcolo in base all’emisfero nord e riprovato che  vale anche per l’emisfero sud. 

           Certo il problema dei due zodiaci offre chiaramente il fianco ai detrattori dell’astrologia molti dei quali si trovano fra gli astronomi contemporanei. Questo perché se gli astrologi moderni, seguendo e valutando dalla loro propria esperienza empirica e professionale, ancora non si sono trovati d’accordo nel risolvere questo importantissimo problema astrologico dei due zodiaci dei segni, può essere facilmente domandato loro dai detrattori: ma che scienza sarebbe allora mai la vostra, o questa? Che valore scientifico previsionale avrebbe, essere del segno dei Pesci per un Nato nell’emisfero sud, se potesse essere considerato, a piacimento, anche del segno della Vergine?

 

     5 - Sui  quattro umori dei pianeti in aspetto col Sole: umido, caldo, secco e  freddo.

       

         La possibile e teorica stesura di una Carta Natale capovolta, e cioè in base allo zodiaco immaginato per l’emisfero sud, non invaliderebbe comunque il fondamentale problema astrologico della regola dell’alternarsi, in tutti i pianeti, dei quattro umori in stretta successione, in cui umido e caldo sono fecondi e attivi e secco e freddo distruttivi e passivi iuxta sententiam Ptholemaei (Tetrabiblos, I, V, 1; I, VIII, 1-2). Questo perché la variazione umorale dei pianeti, essendo in base alle rispettive rivoluzioni sinodiche, alla loro elongazione occidentale od orientale, o loro aspetto col Sole, rimane uguale nei due sistemi zodiacali. Tale regola tolemaica, da me pubblicata con la mia relazione dal titolo “Pianeti e uomini: una sola regola per tutti i loro umori”, fatta al 1° CONVEGNO REGIONALE TOSCANA del CIDA intitolato “L’uomo e le stelle” (Firenze, palagio di parte Guelfa, 13 maggio 2000), stabilisce che la fase umida di tutti i pianeti, ad eccezione del Sole e della Luna, incomincia dall’istante in cui si trovano al perigeo, o loro massima vicinanza alla Terra. Di conseguenza, dopo lunghi studi e molti controlli, io non sono d’accordo sulla soluzione trovata da GIUSEPPE BEZZA, nel sia pur importante suo  volume, “Commento al primo libro della TETRABIBLOS di Claudio Tolomeo”, circa l’inizio, da lui indicato, della fase umida dei cinque pianeti  (Nuovi Orizzonti, 1990, pp. 106 – 173). 

 

          In base alla mia scoperta consegue, per esempio, che la Venere della Commedia (Pur., I, 19-21; Pur., XXVII, 94-96) sarebbe sempre da identificarsi come mattutina o, ugualmente, come Citerea, o Lucifero, e quindi in fase feconda e attiva, sia che il rilevamento fosse stato fatto nell’emisfero nord che in quello sud, dove Dante si trova e colloca Venere, nel suo Purgatorio. Dunque Dante, ben conoscendo la latitudine, o climata, o clima,  in cui ubica il suo Purgatorio, non si è affatto preoccupato di mostrare variazioni capovolgenti di senso, sia riguardo allo zodiaco,  che, ovviamente, alla elongazione di Venere, indicando Venere stessa proprio mentre fa ingresso nel segno dei Pesci che la esalta alla latitudine 31°.50’ sud e longitudine 145° ovest (“velando i Pesci ch’erano in sua scorta” - Pur., I, 21) e con una elongazione occidentale al Sole pari a 43°.49’ (Venere a 29°.49’ in Acquario e Sole a 13°.38’ in Ariete). È astrologicamente assai importante che la Venere della Commedia, per tutta la risalita di Dante nel Purgatorio, si trovi nel segno dei Pesci e non in quello della Vergine: anche perché Venere in Pesci è in ESALTAZIONE e quindi i suoi influssi (virtus) da doversi considerare potentissimi iuxta sententiam Ptholemaei ( Tetrabiblos, I, XX, 6). Il fatto che questo “velare i Pesci” da parte di Venere non sia da riferirsi  allo zodiaco delle costellazioni, come molti esegeti al contrario hanno pensato sbagliando, ma a quello dei segni, si ricava da due considerazioni. La prima perché rispetto allo zodiaco delle costellazioni, a causa della precessione degli equinozi, al mattino del lunedì 27 marzo 1301, Venere, idealmente guardandola, avrebbe sicuramente velato la costellazione dell’Acquario e non quella dei Pesci. Secondo perché questo “velare”, come ho già ampiamente dimostrato nel mio volume “Dante e l’Astrologia” (1995), è in senso longitudinale rispetto al segno dei Pesci mancando a Venere solo 0°.11’ a fare ingresso nel segno che percorrerà in 03h.55’. Cioè Venere alle 09h.05’ circa del lunedì 27 marzo 1301 avrebbe fatto ingresso in Pesci (05h.10’ + 03h.55’ = 09h.05’).

 

        La Liturgia cristiana pone analogamente sull’Ascendente di Gesù Cristo Venere Mattutina, cioè Lucifero, o Citerea, e perciò a far da corona alla testa del Salvatore nel momento in cui sta nascendo proprio perché gli influssi del pianeta sono, in questa fase, umidi e caldi e per questo fecondi e attivi. Recita la liturgia della Santa Notte di Natale: “… in splendoribus sanctorum, ex utero ante LUCIFERUM genui te”.  (In nocte Nativitatis Domini).  

           Analogamente accadrà per Venere quale Citerea e madre di Enea che, non potendo essere che giovanissima, non potrà essere che umida e calda, e perciò feconda e attiva e quindi mattutina (VIRGILIO, Eneide, I, 254 – 260; I, 314 – 317; II, 801 – 803).

          Vogliamo forse ipotizzare che sia il viaggio di Dante, che la nascita di Gesù, e che la nascita di Enea, siano avvenuti sotto la fase secca e fredda, e perciò distruttiva e passiva, di Venere? Io affermo di no.

          L’astrologia deve anche rispettare certi valori tradizionali poiché si tratta pur sempre di una forma di sapienza ereditata dal passato e per questo gli insegnamenti di Dante, prima andranno ben compresi, e poi tenuti in seria considerazione.  

 

       

       6  - Sul Calendario giuliano e gregoriano.

       Il lavoro di Gambassi riprende assai opportunamente in mano anche molti altri problemi importanti astrologico-astronomici moderni portandoli alla conoscenza del vasto pubblico interessato alla materia. Fra questi è interessante il rapporto da lui messo in luce fra Calendario giuliano e Calendario gregoriano, specialmente per chi volesse redigere una Carta natale per un Nato nel medioevo o nell’antichità, o volesse vederci più chiaramente sul senso liturgico cristiano da attribuire ai 365 giorni dell’anno.

        Il momento del passaggio fra il Calendario giuliano e il Calendario gregoriano è molto importante anche per rassicurare circa il senso da dare alle ore planetarie durante il succedersi dei secoli.

        Da notare infatti che se papa Gregorio XIII nel 1582  non ebbe il coraggio, o la sensibilità religiosa, di togliere quattordici giorni dal Calendario giuliano, come avrebbero voluto Ruggero Bacone e Dante (Par., XXVII, 143), poiché  ne  tolse solo  dieci, però ebbe tuttavia l’accortezza, assai encomiabile sul piano religioso ed astrologico, di non variare la successione dei giorni settimanali poiché sapientemente passò, da un giovedì ad un venerdì. In conseguenza di ciò la liturgia delle ore religiose, o temporali,  o planetarie, non subì variazioni e noi possiamo di conseguenza tornare indietro computando i giorni settimanali e le ore planetarie in stretta successione, non solo fino al periodo di Omero, o della Letteratura classica, ma anche  fino all’anno 4713 avanti Cristo.

         Da notare che Dante scrive quanto segue probabilmente volendosi riferire proprio al calcolo delle ore liturgiche e planetarie e alla loro affinità con altre cose, o avvenimenti, secondo il principio astrologico per cui “la natura attira le cose simili per mezzo delle cose simili”: fenomeno che i Greci chiamarono simpatia.  

 

Non vede il sol, che tutto ‘l mondo gira,

cosa tanto gentil, quanto in quell’ora

che luce ne la parte ove dimora

 la donna di cui dire Amor mi face” (Convivio, III,  Canzone  seconda).

 

L’ora che lo suo dolcissimo salutare mi giunse, era fermamente nona di quello giorno; e però che quella fu la prima volta che le sue parole si mossero per venire a li miei orecchi” (Vita Nuova, III, 2).

 

     Da notare che in base al dialogo di Dante con Brunetto Latini, “Se tu segui tua stella, / non puoi fallire a glorioso porto / se ben m’accorsi ne la vita bella” (Inf., XV, 49-60), il Poeta stesso, fatti i calcoli, risultando nato alle 15h.39’ (del martedì 2/06/1265), risulterà scientificamente nato nella nona ora di quel giorno avendo l’ora liturgica, in quello stesso giorno, un’ampiezza di 1h.15’ circa.  Io ipotizzai nel mio Corso di astrologia a Cuneo, avvenuto nei giorni sabato 4 e domenica 5 ottobre 1997 (cfr. “Lettera a Marinella” nella rivista LINGUAGGIO ASTRALE del CIDA, Inverno 1997, n. 109, pp.126-146) che tale ora nona era di Giove. Procedendo in avanti infatti, 1a. Marte, 2a. Giove, 3a. Saturno, 4a. Luna, 5a. Mercurio, 6a. Venere, 7a. Sole, 8a. Marte, 9a. Giove. Oggi preferisco avvallare l’ipotesi avanzata da Marco Gambassi che,  procedendo in dietro, indica quest’ora nona essere del Sole. Infatti: 1a. di Marte, 2a. del Sole, 3a. Di Venere, 4a. di Mercurio, 5a. della Luna, 6a. di Saturno, 7a. di Giove, 8a. di Marte, e 9a. del Sole.  

          Il ripensamento si fonda anche su quello che afferma Dante quando dice: “Non vede il sol, che tutto ‘l mondo gira, cosa tanto gentil, quanto in quell’ora che luce…”. Egli accostando indirettamente il Sole alla gentilezza e all’ora nona che è l’ora, per affermazione di Dante stesso, della sua Beatrice, “L’ora che lo suo dolcissimo salutare (di Beatrice) mi giunse, era fermamente nona di quello giorno”, permette di risolvere l’antica questione nel senso indicato da Gambassi.   

           Al fine di valutare la simpatia, cioè l’attrazione del simile col simile, il sistema in avanti dei pianeti varrebbe quello all’idietro. Varia invece  significativamente il tipo di simpatia presente nell’ora presa in considerazione, il senso da dare a quest’ora. Siccome i pianeti particolarmente cari a Dante risultano essere Venere, Marte e il Sole, questa ora nona di nascita di Dante, le 15h.39’ (del martedì 2/6/1265), e questa ora nona  del suo primo essere salutato da Beatrice, le 14h.40’ circa (del venerdì 2/2/1283), non potendo essere né di Venere, né di Marte, fra quella di Giove e quella del Sole, è di tutta evidenza che noi dovremmo optare per quella del Sole stesso. Dante nasce nell’ora del Sole ed è salutato da Beatrice per la prima volta sempre nell’ora del Sole. Vorrà significare qualcosa? Anche da qui un’affinità fra il loro genere di amore: quella per il Sole-Gesù (Convivio, III, XII, 7). Basterà alle Gerarchie Ecclesiastiche per ripensare alla bontà artistica e poetica, ancorata alla tradizione, dei simboli astrologici? Ed è così che Dante insegna astrologia, o permette di fare controlli sulla medesima.

 

         Se però Gregorio XIII avesse proceduto come volevano Ruggero Bacone e Dante oggi noi avremmo in più anche, che il solstizio d’inverno sarebbe caduto il 25 dicembre, cioè per l’antica festa del Natalis Solis invicti, e quindi per la nostra festa della Natività di Gesù (il Sole che riguadagna spazio sull’arco dell’orizzonte e luce nell’arco diurno della giornata) ritornando con questo all’antica concordanza fra aspetti celesti e feste liturgiche, che fossero pagane o cristiane.

         Gregorio XIII passo infatti dal  giovedì 4 ottobre 1582 Giuliano al venerdì 15 ottobre 1582 Gregoriano, quando invece avrebbe dovuto passare dal giovedì 4 ottobre 1582 Giuliano al venerdì 19 ottobre 1582 Gregoriano.

                7 - Sul  sorgere e tramontare eliaco delle Stelle Fisse.

          Chiarificatore e istruttivo appare anche l’intervento dell’Autore sul sorgere e il tramontare eliaco delle Stelle Fisse, anche se, comunemente, non viene apprezzato dagli astrologi moderni. Questo sorgere e tramontare, è invece preso in massima considerazione da Dante e il fenomeno dovrebbe dar da pensare. Dante fa infatti una netta distinzione fra la fase montante e nobile, o di avvicinamento di una entità, ad un punto critico, e quella volgente e volgare, o di allontanamento da esso e perciò anche fra la fase di avvicinamento di una Stella Fissa al Sole e quella del suo allontanamento da lui. Nella fase montante e nobile verso il Sole, o di avvicinamento a lui, la stella, a causa della prossimità al suo tramonto eliaco, sarà visibile la sera, mentre nella sua fase volgare e volgente dal Sole, o di allontanamento da Lui, la stella sarà visibile al mattino. La conclusione astrologica è che le Stelle Fisse che si vedono la sera ad occidente dopo il tramonto danno più vitalità e nobiltà di quelle che si vedono al mattino ad oriente prima del sorgere del Sole.  Siccome nei testi antichi alcune volte si trova indicata la positività e la fecondità della “stella d’oriente”, si dovrà ipotizzare che tale stella, proprio per dovere risultare positiva e feconda rispetto al Sole, assai più facilmente potrà corrispondere a Venere che non ad una Stella Fissa come alcuni credono. Di conseguenza, per esempio, quando la liturgia dell’Epifania recita che i re Magi videro la stella di Lui, di Gesù (il Sole), ad oriente, “Vidimus stellam ejus in Oriente: et venimus cum muneribus adorare Dominum “(D. infra Oct. Epiph), in base a questa considerazione astrologica, tale stella non potrà essere una Stelle Fissa e nemmeno, penso, una stella cometa (cfr. Tetrabiblos, II, X, 3).  È più facile quindi che tale stella possa essere la “lucentissima stella di Venere”, come la chiama anche Dante, e perciò in fase montante e nobile rispetto al Sole perché passata da poco dal perigeo umidificatore. Una Stella Fissa dell’ottavo cielo, risultando ad oriente, sarebbe stata invece in fase volgente e volgare rispetto al Sole stesso. Inutile dire che le ricordate Stelle Fisse di nascita di Dante personaggio, Polare, Betelgeuse e Menkalinam, dovranno trovarsi, come in effetti si trovano, ad oriente del Sole. Infatti  Sole a 18°.01’ nel segno dei Gemelli, con Polare a 18°.20’ in Gemelli, Betelgeuse a 18°.30’ e Menkalinam a 19°.40’. Dalla mattina alla sera, di un giorno soltanto, il martedì 2 giugno 1265, come recita Dante, esse saranno infatti ed oggettivamente in aspetto di congiunzione stretta col Sole maggiormente che in ogni altro giorno dell’anno e, al tempo stesso, in fase montante e nobile rispetto ad esso stesso.

 

Firenze, 10 Luglio 2009

                                                             GIOVANGUALBERTO  CERI